Ermellini

Operazione Piccoli Passi, frana l’accusa in Cassazione

Operazione “Piccoli Passi”, frana l’accusa in Cassazione
Processo da rifare in Appello per alcuni imputati

Frana in Cassazione l’accusa di associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico. Processo da rifare in Appello per alcuni imputati dell’operazione “Piccoli passi”, portata a termine nel 2016 dalla Guardia di Finanza sotto il coordinamento della DDA di Catanzaro. L’inchiesta, che aveva sventato un traffico di sostanze stupefacenti, vede coinvolti soggetti rossanesi, del reggino e campani.

Nella serata di lunedì 25 gennaio, si è celebrata l’udienza dinanzi alla III Sezione Penale della suprema Corte di Cassazione all’esito della quale i giudici hanno annullato in gran parte la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Catanzaro. Nello specifico, gli Ermellini hanno annullato la pronuncia di secondo grado relativamente al Capo A, ossia all’accusa di associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico (art. 74 Dpr 309/90) disponendo il rinvio per nuovo esame dinanzi ad una sezione diversa della Corte d’Appello di Catanzaro. Gli stessi giudici hanno inoltre annullato la sentenza, senza rinvio, relativamente ad altri capi di imputazione dichiarandoli estinti per intervenuta prescrizione.

Accolto, quindi, il teorema difensivo sostenuto ieri in udienza dagli avvocati penalisti  Ettore Zagarese, Giovanni Zagarese, Francesco Nicoletti, Maria Teresa Zagarese e Francesco Calabrò. Sarà ora una diversa sezione della Corte d’Appello catanzarese a giudicare nuovamente alcuni degli imputati, con il processo che torna nella fase del secondo grado di giudizio.

«Siamo soddisfatti del risultato – questo il commento del collegio difensivo – che giunge in Cassazione anche grazie alla nostra caparbietà. Ritenevamo che i nostri assistiti non fossero dei narcotrafficanti. Pare che il Giudice di legittimità la pensi come noi».

IL FATTO – L’operazione “Piccoli passi”, condotta dalla Guardia di Finanza in parallelo con l’operazione “Stop” portata a termine dai Carabinieri, prendeva le mosse da un’ulteriore operazione antimafia avviata nel 2009, concentrandosi sulle attività della presunta cosca rossanese nel settore legato al traffico di stupefacenti. Nel dettaglio, gli inquirenti delinearono un quadro accusatorio individuando i canali di approvvigionamento del narcotico, localizzati soprattutto in Campania, e la rete di distribuzione con “piazze” anche nella provincia di Reggio Calabria.

Il Quotidiano del Sud, 27 gennaio 2021

 

Avvocato Zagarese

La storia di Alessandro Manzi, una storia di redenzione

La storia di Alessandro Manzi, dall’inferno alla redenzione

Manzi, 29 anni, accusato di omicidio volontario, oggi dona un bonus ai pazienti oncologici, prosegue gli studi e aiuta la famiglia

Concede in donazione il bonus a favore dei malati oncologici, si è iscritto all’Università e aiuta la propria famiglia con i fondi che percepisce nell’ambito delle attività previste all’interno dell’istituto penitenziario di Rossano. Lui si chiama Alessandro Manzi, ha 29 anni, balzato agli onori della cronaca nazionale per avere ucciso a fucilate il padre Mario nel 2017. Una storia che ha dell’incredibile e che, tuttavia, conserva dei retroscena complessi e articolati, di cui poco si parla, se non nell’ambito processuale. I giudici della Corte D’Assise di Cosenza, a fronte di una richiesta d’ergastolo, emisero una sentenza di condanna a 18 anni di reclusione, dimezzata successivamente in Appello a 9 anni. Il giovane appena dopo aver compiuto l’atto si costituì ai carabinieri senza tentennare e raccontò tutto. L’accusa è di omicidio volontario. Attualmente è agli arresti domiciliari, dopo un anno e cinque mesi di cella.

Una famiglia, come altre, che paga il costo della ghettizzazione sociale

Una famiglia che paga il costo, come tante altre, della ghettizzazione sociale voluta da una sorta di classismo che divide il genere umano per ceti. Da un lato la borghesia, dall’altro il “terzo Stato”. Tanti i fattori concomitanti che generano spesso violenza e aggressioni, tra le cause prevalenti la mancanza di lavoro. Un problema che ha caratterizzato questo dramma e che ha coinvolto tanto il padre (la vittima) quanto il figlio. Mario mette al mondo 4 figli, si andava avanti alla meno peggio. Scarse le fonti di guadagno. Uno dei fratelli di Alessandro è disabile e per lunghi anni, a causa delle condizioni di indigenza, non è stato curato. Il contesto ambientale narra di continui litigi tra padre e figlio che trovano riscontro nelle condizioni di povertà e nell’impossibilità di poter trovare un posto di lavoro.

Il sostegno dell’Associazione “V. Filippelli” al fratellino disabile 

Qui subentra l’Associazione di volontariato sociale “Vincenzino Filippelli” che prende in carico la vicenda del disabile, per oltre quattro anni sprovvisto di cure. Alessandro e la mamma, insieme al segretario della struttura associativa Ranieri Filippelli (durante il processo ebbe modo di testimoniare) iniziano i viaggi per le cure e riabilitazione da e per Roma del fratellino più piccolo. Il papà Mario è assente per problemi legati alla quotidianità. Poi, all’improvviso, durante l’ennesima lite, si consuma la tragedia. Durante il regime di detenzione Alessandro decide di studiare, si iscrive alla facoltà di Biologia all’Università di Cosenza e sostiene economicamente la famiglia. E, durante il periodo natalizio, ha espresso la volontà di donare mediante l’associazione “Vincenzino Filippelli” 50 panettoni ai pazienti Oncologici. In cella chiedeva, sin dalle prime battute, di stare da solo o con detenuti che hanno voglia di riabilitarsi e riscattarsi come lui.

L’intervista di Informazione e Comunicazione all’avvocato difensore Ettore Zagarese

Antonio Canova, "Allegoria della Giustizia", particolare (Fondazione Cariplo / CC 3.0)

Dopo vent’anni finalmente GIUSTIZIA è fatta

Dopo vent’anni finalmente GIUSTIZIA è fatta

con un risarcimento milionario

Si chiude dopo oltre vent’anni una brutta vicenda che ha visto parte lesa il rossanese A.A. Finalmente sono state accolte dal Tribunale di Castrovillari le richieste avanzate dall’avvocato Ettore Zagarese che gli riconoscono un risarcimento milionario.

I fatti posti a base del processo ebbero una vasta eco per la brutalità degli accadimenti ed il velo di omertà che impediva alla verità di venir fuori e che furono anche oggetto di moti di protesta culminati con manifestazioni e fiaccolate in piazza.

 

IL FATTO – Era il 12 febbraio quando A.A., all’epoca ventiduenne, si recava con la sua comitiva di amici, tutti di Rossano, verso il comune di Campana per festeggiare il diciottesimo compleanno di una comune amica. Nel corso della festa c’erano stato dei banali screzi con alcune giovani del luogo, cose comunque di minima importanza. Mentre tornavano a casa, lungo il tragitto di ritorno, quando si furono arrivati all’altezza di un ponte situato subito dopo l’abitato di Campana, A.A ed i suoi amici trovavano entrambe le direzioni di marcia ostruite da alcune vetture che erano state abilmente posizionate al fine di impedir loro il transito. Dalle stesse scendevano alcuni figuri che, armati di bastoni, accerchiavano le automobili dei ragazzi rossanesi infierendo sulle relative carrozzerie con violenti colpi di bastone.

Nel frattempo il giovane A.A., sceso dall’automobile nella quale si trovava, veniva accerchiato da 4 persone le quali cominciarono a percuoterlo brutalmente, inducendolo ad arretrare verso il parapetto del ponte, per poi – secondo la ricostruzione –  sollevarlo di peso e gettarlo giù causandone la violenta precipitazione di oltre 10 metri, nella scarpata sottostante nel mentre  gli altri ragazzi rossanesi, una volta liberate le estremità del ponte da parte degli aggressori, fuggivano presi dal panico.

Poco dopo l’aggressione, alcuni dei ragazzi di Campana si recavano per recuperare il corpo del giovane rossanese. Subito dopo averlo lasciato sulla strada, telefonavano anonimamente all’addetto alla guida dell’autoambulanza di Campana, per poi dileguarsi. Giunti sul luogo i soccorsi trovavano il giovane moribondo e lo trasportavano al nosocomio di Cariati dove i sanitari, in conseguenza delle gravissime lesioni ne disponevano il trasporto d’urgenza presso l’Ospedale Pugliese di Catanzaro dove, a seguito di un delicatissimo intervento chirurgico, gli veniva asportata la milza, con grave compromissione, altresì, della capacità espressiva.

Le indagini, condotte dai Carabinieri della locale Compagnia, furono difficili e stentavano a decollare per la paura e la reticenza manifestata dalle parti presenti all’aggressione. Grazie, comunque alla tenacia dei militari e dei parenti della vittima si giungeva all’emissione di misure cautelare a carico degli aggressori M.M. M.S. S.A. e G.V., i quali venivano cautelati con provvedimento del GIP del Tribunale di Rossano e condannati per lesioni aggravate. Giunge ora anche la severa sentenza del Tribunale di Castrovillari che li obbliga a risarcire i danni alla parte civile per un importo superiore, per capitale ed accessori, al milione di euro.

Soddisfatto del risultato l’avvocato Ettore Zagarese, difensore del malcapitato giovane, che ha evidenziato come la giustizia, anche se lenta, alla fine arriva pur rammaricandosi che nessuna somma di denaro potrà mai ripagare il suo assistito delle sofferenze patite e la famiglia del dolore accumulato in tutti questi anni

zagarese (5)

Buon 2021 da tutti noi

Buon 2021 da tutti noi

Il futuro appartiene a coloro che credono nella bellezza dei propri sogni.
(Eleanor Roosevelt)
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Buon 2021 da tutti noi!